Mark Twain era solito dire che “la storia non si ripete, anche se spesso fa rima”. Un modo per dire che gli accadimenti difficilmente si ripetono allo stesso modo, ma spesso si assomigliano. Un aforisma che si può applicare a tutti gli ambiti, e quindi anche a quelli economico-finanziari.
Recentemente Goldman Sachs ha pubblicato uno studio in cui analizza il comportamento dei mercati finanziari nel momento le Banche Centrali danno il via al taglio dei tassi. Decisione che può essere motivata dalla voglia di normalizzazione, dai timori di una recessione piuttosto che dalla paura della crescita. Sono stati presi in osservazione 10 episodi, che vanno dal 1984 al 2020, di cui 4 dettati dalla paura che l’economia cadesse in recessione (l’ultimo nel 2020), mentre gli altri 6 si riferiscono al desiderio di normalizzare la situazione (o, comunque, accompagnare la crescita).
Si è notato, sostanzialmente, che gli scenari, mediamente, si ripetono: i titoli azionari, mediamente, tendono a salire (solo 2 le occasioni in cui il fenomeno non si è verificato), i rendimenti obbligazionari tendono a scendere più rapidamente prima che il rallentamento abbia inizio, anche se continua anche successivamente al suo verificarsi, il $ Usa tende a rafforzarsi. Quello che, in maniera vigorosa, è successo da fine ottobre: questa volta il “gioco d’anticipo” è stato a dir poco clamoroso, forse per “bilanciare” l’altrettanto clamoroso rialzo iniziato dalla primavera del 2022 e durato sino all’estate scorsa. Un’accelerazione che ha avuto ben pochi precedenti che, evidentemente, ha creato situazioni a cui il mercato non vedeva l’ora di porre fine.
Certamente, in questa fase, ad avere la meglio è la percezione che il “bicchiere sia mezzo pieno”. I mercati finanziari, infatti, oltre ad avere allontanato, non di poco, l’idea della recessione, sembrano non scontare i rischi legati ad una situazione geo-politica al momento alquanto fragile, per quanto si cerchi di presidiarla con pressioni diplomatiche che, nel caso del Medio oriente, vedono gli Stati Uniti in prima linea, che potrebbe sfociare in crescita più lenta e inflazione in rialzo. Fattori che, nel momento in cui dovessero verificarsi, non potrebbero non avere conseguenze sulle politiche monetarie.
Da qui la perdurante cautela dei banchieri centrali, che non perdono occasione per ripetere che le loro decisioni saranno “dettate” dai dati macroeconomici che di volta in volta verranno pubblicati. La cui determinazione dipenderà in buona parte dall’evoluzione che avremo per quanto riguarda il commercio internazionale, nuovamente “sottosopra” per via del blocco parziale della rotta che prevede il passaggio dal Golfo di Aden e il successivo Canale di Suez, nonché dall’andamento dei prezzi dell’energia, anche se si ritiene che il prezzo del petrolio quest’anno non dovrebbe superare gli 85-90$.
Il “bicchiere mezzo pieno” comprende anche le aspettative relative agli utili aziendali. Sino a qualche settimane fa, la tesi prevalente era quella di un calo dei margini. Oggi, invece, si pensa che, per il 2024, possano crescere di un altro 10%. Una percentuale di tutto rispetto, che, se fosse confermata, consegnerebbe agli investitori una ulteriore buona ragione per vedere crescer le quotazioni di borsa (anche se, per quanto riguarda il mercato italiano, il 2024 dovrebbe confermare i dati del 2023).
La settimana si apre con buona parte degli indici asiatici in rialzo.
A Tokyo il Nikkei si avvia a chiudere in rialzo, a + 0,77%. Sale anche, a Hong Kong, l’Hang Seng (+ 0,61%); bene anche il Kospi a Seul (+ 1,3) e il Sensex di Mumbai (+ 1,1%).
A spezzare il clima positivo, ancora una volta, Shanghai, in calo di quasi l’1%, con l’indice penalizzato dalla notizia che Evergrande, il gigante dell’immobiliare, verrà messa in liquidazione.
Futures al momento poco mossi, ovunque intorno alla parità.
Petrolio “in marcia” verso gli 80$ (78,28, + 0,23%).
Gas naturale Usa, al contrario, ormai vicino a $ 2 (2,12), in calo del 2,67%.
Oro a $ 2.031,90, + 0,62%.
Spread sui livelli di venerdì, a 151,3 bp.
BTP a 3,81%.
Bund 2,29%.
Treasury Usa 4,12%.
€/$ stabile a 1,0845.
Segnali di rimbalzo per il bitcoin, che conferma i rialzi del week end, portandosi a $ 42.193.
Ps: “Andare a Canossa” è, forse, il modo di dire più usato per rappresentare un atto di sottomissione. E’ dovuto al gesto di Enrico IV, che, in un momento storico in cui la Chiesa e il Sacro Romano Impero erano in lotta per le investiture, si recò, appunto, a Canossa per implorare il Papa Gregorio VII a revocargli la scomunica. Dopo 3 giorni di attesa, in cui restò, giorno e notte, inginocchiato fuori della rocca, venne ricevuto dal papà, che lo perdonò. Era il 28 gennaio 1077. Un’affermazione usata per la prima volta da Otto von Bismark, che, il 28 gennaio 1871 costrinse alla resa Parigi, dando vita a quello che sarebbe diventato l’impero tedesco, che disse “ a Canossa non andremo, né con il corpo né con lo spirito”.